La sede di Univisual

Sede

Univisual ha sede a Milano nella zona denominata Maggiolina, che dista in linea d’aria a circa 800 metri dalla Stazione Centrale.

Il caratteristico quartiere della Maggiolina – primo esempio di “Città Giardino” sorto in Italia, nel 1911 – è un’area residenziale composta da villette, piccole vie, tanti alberi e otto casette a forma di igloo (tutte nella via Lepanto di Univisual) protette dalle Belle Arti. All’interno della Maggiolina è presente anche il noto Villaggio dei Giornalisti, un tempo recintato e chiuso al pubblico.

Il nome deriva dall’antica Cascina Maggiolina che sorgeva lungo il fiume Seveso, al confine tra il comune di Milano e quello di Greco (oggi non più Comune ma zona di Milano). Già esistente nel Seicento, Cascina Maggiolina era un complesso agricolo che ospitava diverse famiglie lungo il naviglio della Martesana, all’altezza dell’attuale via Della Maggiolina.

Il termine Maggiolina è di origine incerta: secondo la tesi più accreditata potrebbe derivare dalla parola “magiòster” che in dialetto milanese significa “fragole”, forse coltivate nel giardino della proprietà. La Cascina venne demolita nel 1920, lasciando la denominazione appunto alla via della Maggiolina.

Il nome venne in seguito utilizzato anche da un ristorante (ex Gallo d’Oro) che si trovava in via Torelli Viollier 28, demolito tra il 1963 e il 1964. A partire dagli anni Settanta, il nome Maggiolina designa quindi il quartiere che comprende il complesso residenziale recintato – con ingresso da via Eugenio Torelli Viollier (il fondatore del Corriere della Sera) e da via Dario Papa – che assunse il nome di Villaggio dei Giornalisti, derivante dal primo nucleo di residenti del 1911, composto appunto da giornalisti e pubblicisti.

 

La Storia

Nel maggio del 1911 l’avvocato Mario Cerati, redattore del “Secolo”, in un articolo riguardante il tema sulle case popolari e alloggi, notava come la legge del 1908 sulle case popolari (l’Istituto Autonomo Case Popolari IACP venne istituito il 12 agosto 1908) fosse applicata a esclusivo vantaggio delle classi operaie.

Cerati sottolineò che poco era stato fatto per il sistema di assegnazione di case a vantaggio della piccola e media borghesia, alla quale appartenevano letterati, artisti, professionisti e industriali.

Pertanto, nell’articolo, l’avvocato propose la costituzione di una Società cooperativa che potesse acquistare dei terreni nel Comune di Milano (o nelle vicinanze) per costruire alcuni fabbricati per i suoi soci.

La proposta riscontrò subito successo, tanto che in pochi mesi venne costituita la società “Quartiere Giardino Mirabello”, che prese il nome dalla villa quattrocentesca, ancora oggi ben conservata in via Villa Mirabello 6, nelle vicinanze della quale sarebbero iniziate le operazioni di edificazione dell’area. I terreni acquistati furono identificati nelle immediate vicinanze della Villa, ma tutti amministrativamente fuori da Milano, in località Greco, aggregato al capoluogo lombardo solo nel 1923.

Poiché il primo nucleo di aderenti all’iniziativa edilizia era costituito da una cooperativa di pubblicisti, avvocati e giornalisti, il quartiere prese il nome di “Villaggio dei Giornalisti”, progettato dall’ingegnere Evaristo Stefini (1868-1935).

Il Villaggio, una vasta area di 120.000 metri quadrati, rappresenta il primo esempio di città-giardino in Italia, realizzato appunto nel primo decennio del Novecento all’interno della zona della Maggiolina. Il termine “città giardino” deriva dall’inglese garden city, che indica i quartieri immersi completamente nel verde. L’idea di città-giardino ha infatti origine in Inghilterra, durante la metà del XIX secolo. Letchworth è stata la prima città-giardino, fondata nel 1903 a circa 50 km da Londra.

A testimonianza dell’ambizione e dell’originalità dell’iniziativa, che proponeva anche in Italia il modello di città già utilizzato in Europa, il 18 settembre 1912 il re Vittorio Emanuele III visitò il Villaggio dei Giornalisti, all’epoca ancora in costruzione. Nel Villaggio dei Giornalisti abitava anche il primo direttore de “Il Corriere dei Piccoli”, Silvio Spaventa Filippi (1871-1931), che risiedeva in via Scipio Slataper numero 8.

 


Re Vittorio Emanuele III in visita al Villaggio dei Giornalisti.

 

L’architettura

Il quartiere della Maggiolina – immersa tra il suo labirinto di vie e di alberi fioriti – conserva tutt’oggi un’architettura interessante e di particolare rilievo, dalle meravigliose ville Liberty fino a strutture in perfetto stile razionalista.

Passeggiando proprio per la via Lepanto – dove ha sede Univisual, al numero 1 – ci si imbatte nelle singolari case a forma di igloo – definite “a zucca”, realizzate nel 1946 dall’Ingegner Mario Cavallè (1895-1982), tra i massimi esperti di quegli anni in tema di architettura di sale cinematografiche.

 

Cavallè importò questo modello abitativo e la tecnica di realizzazione dagli Stati Uniti, dove si era formato. Erano state realizzate 12 case a igloo, ma oggi ne sono rimaste 8, di cui 7 con ingresso da via Lepanto e una con ingresso da via Stefini. Le case sono oggi protette dal Patrimonio Italiano delle Belle Arti.

 

Oltre alle casette a forma di igloo, ne erano state costruite anche due in perfetto stile “funghetto”. Queste singolari abitazioni, sempre ideate nel 1946 dall’ingegnere Mario Cavallè, erano state progettate sul modello del fungo allucinogeno Amanita Muscaria, con tanto di puntini bianchi sul “tetto”. Purtroppo all’inizio degli anni Sessanta vennero demolite.

Le due case a forma di fungo sorgevano anch’esse in via Lepanto, vicino all’attuale passaggio pedonale che sbocca in via Stefini. L’abitazione si sviluppava su due livelli: uno più ristretto (il gambo) e uno più ampio (la cappella-tetto).

 

Oltre alle originali casette a fungo e a igloo presenti nella Maggiolina, è doveroso citare anche la famosa casa palafitta presente tutt’ora in via Perrone di San Martino 8. Nel corso degli anni Trenta, nonostante l’architettura prevalente all’interno del quartiere fosse di stile classico, l’architetto Luigi Figini (1903-1984) decide di sperimentare le istanze più avanzate del Razionalismo, progettando e costruendo la sua casa-palafitta – che richiama gli insegnamenti di Le Corbusier – poggiata su una serie di pilastri. L’edificio, a pianta rettangolare, si ispira all’architettura delle case al Weissernhof, a Stoccarda (1927) e della Ville Savoie a Poissy (1929). La Villa Figini è oggi Bene Storico Monumentale, in quanto manifesto dell’Architettura Razionalista italiana.

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