26 Giu 2023
La differenza tra la comunicazione di oggi rispetto a 60 anni fa, spiegata in un servizio di Cinzia Ficco uscito sulla rivista “Economy” – in edicola nel mese di giugno di quest’anno – risiedono innanzitutto nella prospettiva del messaggio, non più esclusivamente centrato sul prodotto ma basato sul “purpose”.
Il consumatore non è più uno spettatore e, nonostante il fil-rouge resti sempre l’intrattenimento, non è più l’azienda a dettare le regole del gioco.
L’importante non è puntare solo sulla notorietà ma sestare sempre fedeli alla propria identità.
«Oggi per un’azienda non è più sufficiente comunicare la qualità del proprio prodotto, la sua carica innovativa, i servizi aggiuntivi – afferma Gaetano Grizzanti, punto di riferimento per la brand identity moderna, Perito del Tribunale di Milano in materia di trademark e fondatore della società di consulenza Univisual (che ha lavorato con realtà importanti come Salmoiraghi & Viganò, Bottega Verde, Pampers…) – perché dati ormai come prerequisiti».
«E tra qualche anno – continua Grizzanti – anche l’adesione ai principi di responsabilità sociale, oggi temi di estrema attualità, diventerà un aspetto scontato. La differenza allora starà nel creare una propria identità “differenziante” e avviare una relazione emotiva e trasparente con il cliente. È necessario “trasformare il marchio in una marca”. Insomma, farsi un ‘brand credo’, rispettarlo e cercare di coinvolgere in modo empatico il cliente. Che intanto si è fatto più esigente».
Per Grizzanti la stella polare nella comunicazione del futuro dovrà prima mettere in conto ciò che è percepito reale dal consumatore, il quale potrà pure rimandare indietro al mittente un messaggio pubblicitario considerato distonico e poco pertinente con l’identità di un business.
Ecco che oggi il ricevente diventa a sua volta emittente. I ruoli si invertono e richiedono una dose maggiore di creatività e un lavoro analitico più raffinato. Significa quindi definire una ‘strategia di identità’, che si elabora partendo dalle tradizionali Mission e Vision dell’azienda per definire il proprio Purpose, cioè lo scopo che un’azienda ha oltre a quello di generare profitto.
«I tempi sono ovviamente cambiati dai giorni di Carosello – riprende il Prof. Grizzanti – e con loro anche i paradigmi per la creazione di un brand, specialmente se il target sono i giovani».
«Un esempio di brand a cui il mio studio ha recentemente collaborato – ci racconta Grizzanti – è esplicitamente rivolto alla generazione Z, si chiama “Absurd”. Un beauty-brand genderless di prodotti tecnici per la cura della pelle, dall’efficacia testata, vegani e con alte percentuali di ingredienti naturali, venduti solo online dal proprio sito e-commerce. È un’assoluta novità nel settore per l’approccio scientifico e per come il brand si pone sul mercato: il payoff “Against Beauty” è provocatorio, una vera dichiarazione della propria posizione contro una bellezza stereotipata».
L’errore da non commettere, specifica l’advisor, è incappare in una comunicazione prettamente commerciale, costruita solo sul prodotto e le sue caratteristiche intrinseche.
«Rispettando le componenti etiche, il brand – conclude Grizzanti – sarà sempre il segno distintivo, ma avrà obiettivi diversi e, soprattutto, richiederà sforzi di fantasia e intelligenza. Umane, intendo, perché quelle artificiali potranno limitarsi a supportare ciò che esiste già, senza mai creare niente di realmente nuovo».