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24 Ott 2016

Il brand nella sostenibilità degli acquisti

Univisual, intervistata dal magazine ADVERTISER, suggerisce la necessità di un approccio multidisciplinare nello sviluppo di un sistema d’identità, che sappia trovare l’equilibrio ottimale tra cultura di design, esigenze di business e comunicazione. Per brand capaci di stabilire legami e durare nel tempo.

Sostenibilità, un driver per l’acquisto
di Laura Buraschi

 

Secondo una ricerca condotta da Ipsos, sei consumatori su dieci sarebbero pronti a spendere un po’ di più per il prodotto di un’azienda sostenibile. Tra gli aspetti ritenuti maggiormente indicativi della sostenibilità di un’azienda: ridurre al minimo i rifiuti, gli imballaggi, le sostanze inquinanti. Un tema che non sfugge alle società che si occupano di packaging e brand identity.

Gaetano Grizzanti, Ceo di Univisual, interviene nel dibattito:

Cresce la sensibilità dei consumatori per l’ambiente e anche la domanda di un packaging più eco-friendly. Quanto sentite la realtà di questa affermazione nella vostra relazione con clienti e mercato?

«Il tema della sostenibilità, che in passato veniva affrontato in modo piuttosto superficiale, nell’ultimo periodo emerge in misura più importante. Il concetto è molto aperto e l’impatto ecologico ne è solo una parte. Essendo il focus di Univisual sulla consulenza strategica, cioè su come il brand deve agire nella strategia di business, i clienti ci illustrano la loro idea in termini di prodotto/marketing su cui noi svolgiamo un’analisi per verificare la coerenza del progetto con la marca. Per esempio, la prima questione da affrontare è capire quanto questa operazione possa cannibalizzare il business tradizionale.

Per noi è fondamentale instillare nel cliente la consapevolezza che i principi di sostenibilità non sono come una campagna pubblicitaria né azioni estemporanee. In sintesi aiutiamo il cliente a valutare i rischi dell’impatto sulla personalità del brand».

Oltre al packaging e ai materiali, la sostenibilità contamina e coinvolge anche altri elementi dell’identità di marca che andate a costruire?

«Non si può circoscrivere un processo evolutivo così importante a un unico touch-point del brand. Occorre visione d’insieme, altrimenti non sarà possibile misurare il ritorno dell’operazione. In passato si lavorava concentrandosi, prevalentemente, sui materiali; oggi rientra nelle aspettative del pubblico il fatto che i materiali di alcuni prodotti debbano essere ‘eco’, ci si stupirebbe del contrario e sarebbe quindi anacronistico puntare su un solo dettaglio. Occorre insomma un approccio olistico. Attualmente siamo al lavoro proprio con alcuni progetti dove gli aspetti sulla sostenibilità rientrano direttamente nella strategia di business e di brand».

L’anno in corso si sta rivelando positivo o avvertite delle difficoltà nel mercato?

«Per Univisual il trend si conferma in linea con il 2015. Gestiamo progetti di “business identity” che durano mesi e spesso siamo impegnati anche in una successiva attività di divulgazione della nuova strategia all’interno della cultura d’impresa, che ha un impatto in tutta l’Organizzazione. Mediamente, in un intervento di branding che affrontiamo, il fattore comune che posso riscontrare rispetto al passato è una maggiore predisposizione a razionalizzare i punti di debolezza: prima l’autocritica da parte dell’azienda – necessaria per un percorso evolutivo – non era l’elemento preponderante, oggi invece si affronta con maggiore sistematicità e serenità. È fondamentale quella consapevolezza che aiuta il cambiamento, considerando la centralità della marca come un fattore critico della strategia di business e non solo come un tool di marketing e comunicazione».

Estratto da un articolo di “Pubblicità Italia” n. 8, ottobre 2016.

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