8 Gen 2018
Com’è stato il 2017 in termini di fatturato?
Più 5% rispetto al 2016, ma per noi è stato un anno molto positivo per motivi più rilevanti, come la tipologia di progetti e gli obiettivi raggiunti con i nostri clienti, realizzando interventi estremamente coerenti con la nostra mission: rivoluzionare lo status di marchio all’interno di una strategia aziendale, inserendo il brand nel piano industriale come asset primario.
Quali sono state le tendenze evidenziate nel corso dell’anno appena terminato?
Per quanto riguarda i temi del branding, quello che osservo è l’incrementare del coinvolgimento, nei dipartimenti aziendali, da parte del Management Direzionale molto più di quanto accadesse in passato, rispetto alle aree del Marketing e della Comunicazione.
Quali sono gli aspetti del vostro lavoro che i clienti rischiano di trascurare?
Rilevo un paradosso anacronistico: in passato si dava molta importanza alle campagne pubblicitarie a discapito di tutti gli aspetti inerenti alla definizione della strategia di identità. Oggi vedo l’opposto, che, da un lato, potrebbe apparire vantaggioso per Univisual e la sua competenza verticale ma, dall’altro, temo il rischio di inficiare il nostro lavoro se poi la Comunicazione della marca non risulta coerente con la nuova brand identity.
Ci può raccontare qualche progetto che Univisual ha sviluppato nel corso del 2017?
Posso citare, in ambito lusso, l’intervento per Perini Navi, riferimento mondiale nella progettazione e costruzione di superyacht, l’unica vera e propria marca per imbarcazioni sia a vela sia a motore, per cui ci stiamo occupando dell’evoluzione di brand strategy e sistema di identità visiva; in ambito b2b invece posso citare l’azienda NERI, leader nei Dispositivi di Protezione Individuale e abbigliamento per la sicurezza sul lavoro.
Due progetti curati da Univisual, di brand identity, per PERINI NAVI – superyacht a vela e a motore – e per NERI, azienda leader nei Dispositivi di Protezione Individuale e nell’abbigliamento per la sicurezza sul lavoro.
Prof. Grizzanti, uno dei temi caldi nella comunicazione digitale è quello della “brand safety”, di cui lei si occupa da anni anche in qualità di Perito del Tribunale di Milano. Che consigli darebbe alle realtà aziendali che comunicano in Rete, spesso partendo da zero?
Effettivamente con Internet sorgono problemi che prima incidevano molto meno. In qualità di proprietà immateriale, il marchio oggi deve essere protetto in un modo più attento e articolato rispetto al passato, perché essendo più visibile è sottoposto a maggiori attacchi, oltre i confini geografici presi in considerazione al momento della prima registrazione.
Uno dei problemi più diffusi, infatti, è l’allargamento territoriale di un brand, che deve affrontare una battaglia globale, specialmente se estende nel tempo la propria offerta e deve quindi integrare il deposito del marchio in nuove aree merceologiche, nelle quali anche un brand storico rischia di trovare cloni mai riscontrati prima.
Un altro tema ‘caldo’ del 2017 è stata l’invasione da parte della società di consulenza nel mondo dell’advertising. Come vede questo processo?
Sintomatico del periodo: le ‘consulting company’ “invadono” il territorio delle agenzie di pubblicità non solo per opportunità di business, come peraltro hanno fatto i Centri Media, sfruttando il proprio potere d’acquisto e la fiducia con il cliente; ma anche perché le aziende hanno compreso il valore strategico della Comunicazione e l’impatto discriminante che può avere nell’affermazione del proprio brand, a medio-lungo termine, in quest’era di prolificazione mediatica.
Cambiamo discorso: quali sono state nel 2017 le campagne pubblicitarie che l’hanno maggiormente colpita?
Per deformazione professionale, non posso fare a meno di notare quanto, generalizzando, la Comunicazione degli ultimi anni segua dei canoni standardizzati, condannando il brand a una infausta e deteriorante omologazione.
Un suo personale monito per il 2018?
Molte aziende hanno in programma di migliorare la comunicazione digitale, pensando spesso di dover adattare il proprio tone-of-voice sul Web: il mio suggerimento è quello di analizzare in senso critico quanto il brand sia dotato di una vera e propria “personality” ed eventualmente, prima di ogni cosa, ridefinirla in modo corretto affinché sia sempre differenziante e coerente, online e offline.
TODAY / Pubblicità Italia dell’8 gennaio 2018